Avv. Claudio Bianchini
  • Avv. Claudio Bianchini
  • Studio Legale B&P
  • 19 May 2021
Condividi su:
Quando un recupero credito diventa illegale?

Quando un recupero credito diventa illegale?

Sempre più spesso, il semplice ritardo nel pagamento di un debito, come può essere la rata di un finanziamento, può comportare una fastidiosa attività di recupero credito che talvolta sconfina nell’illegalità.
Il recupero crediti può superare la soglia del lecito quando si trasforma in reato.

Una prima condotta delittuosa è quella del creditore che letteralmente tempesta di telefonate il debitore.
Secondo il codice penale, chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro.

Ora, è vero che un credito non può essere qualificato come biasimevole motivo; ed è vero che il creditore avrà pur diritto di “stimolare” la parte inadempiente.

È altrettanto indubitabile, però, che la giustizia italiana predispone degli strumenti per il recupero crediti, quale, ad esempio, l’azione in giudizio. 

Secondo la giurisprudenza, il creditore che sconfini nella sfera privata altrui, violando la privacy o il riposo, può rispondere penalmente del suo comportamento.
Si pensi alle chiamate fatte durante le ore di riposo, oppure ripetute continuamente.
Per non parlare, poi, del caso in cui si sfoci nelle minacce vere e proprie: nessun recupero crediti può essere giustificato da un reato.
Nei casi più estremi può addirittura configurarsi il reato di stalking.
Ciò si verifica quando quando l’attività di recupero produce una delle seguenti conseguenze nel debitore:
- provocargli un grave stato di ansia o di paura;
- suscitare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva;
- costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita.

Articolo precedente Articolo successivo